Vita del pittore Ghesio
Amedeo Ghesio Volpengo nacque a Torino nel 1847 dall’avvocato Giuseppe, magistrato, e da Camilla Bellone, figlia del prefetto.
Morì a soli 41 anni nella sua città nel gennaio 1889 durante la grave epidemia influenzale di quell’anno.
Compì i suoi studi con vari precettori che rilasciarono nel 1865 certificati degli studi compiuti.
Non ancora maggiorenne si orientò dapprima verso la carriera militare che troncò presto per darsi ad un impiego civile ma si dimise dall’ufficio in dogana cui era stato assegnato intendendo, come scritto nella lettera di congedo, dedicarsi interamente alla pittura da cui si sentiva attratto fin da giovinetto.
Seguì i Corsi della Reale Accademia Albertina di Torino dove fu catturato dal genio paesaggistico di Antonio Fontanesi, che sorgeva combattuto, contrastato, vilipeso all’orizzonte della pittura italiana.
Amedeo Ghesio Volpengo si iscrisse ai suoi corsi che seguì con appassionato ardore e prese parte ai primi cenacoli fontanesiani.
Nel 1870, a ventitré anni, espose presso la Società Promotrice delle Belle Arti di Torino le prime opere e da allora fu sempre presente alle mostre italiane del tempo.
Esistono ancora una serie di lettere e scritti che lo legarono a molti pittori dell’epoca ed in particolare a Lorenzo Delleani, Pio ed Eugenio Caglieri, Marco Calderini, R. Pasquini, Francesco Mosso coi quali intratteneva stretti rapporti epistolari.
Per quanto abbia dipinto tele ricche di luminosità, preferì sempre i paesaggi delle ore vespertine e dei tenui albori, che inducono l’animo ad una pensosa e sognante malinconia.
Le sue tele , i suoi disegni, i suoi Fusains ostentano tutta la poesia del paesaggio.
Molti dei suoi quadri ritraggono chiesette antiche e romite, gruppi di alberi, angoli riposti di Torino e dintorni, soprattutto di Volpiano, meta di uno dei cenacoli fontanesiani.
Molti altri fanno rivivere Bastia, da cui provenivano alcuni antenati, Clavesana e la bella collina delle Langhe dove si ritirò per lavorare con lena, a contatto coll’ispirazione purissima degli alberi e della terra.
Nel volume ‘‘I pittori piemontesi dell’800’’ si legge: Pochi artisti custodirono come lui un così forte amore per la natura, madre di tutte le più gioiose bellezze, e seppero esprimere con maggiore commozione comunicativa tutta la poesia del paesaggio, che è festa degli occhi e nutrimento dello spirito.
I suoi lavori furono venduti in Francia dove era già forte l’amore per il paesaggio e per la maniera fontanesiana ben espressa dalla corrente impressionista.
In Italia ne sono rimasti alcuni nella Pinacoteca, nell’Accademia di Belle Arti, nel Circolo degli Artisti di Torino.
Un’ampia raccolta di studi e di quadri appartenuti all’unica figlia Ines sono confluiti nella Fondazione Ines Casalini – Ghesio Volpengo.
Dal matrimonio di Amedeo Ghesio Volpengo e la ricca Giuseppina Blengini nasce un’unica figlia, Ines, Signora del Chiaramello.
Ines è una nobildonna colta, delicata di salute ma di sicuri sentimenti. Nelle soffitte della Villa erano custoditi gli effetti personali dell’intera sua vita ma quasi tutto il corredo (vestiti, scarpe, cappelli, libri, giochi) è stato disperso da persone più sensibili al denaro che al valore di un patrimonio umano.
Gli oggetti erano sistemati con una precisa catalogazione, peraltro ricostruibile dalla contabilità familiare puntualmente redatta dal padre pittore.
Con il matrimonio di Ines Ghesio Volpengo che sposa nel 1905 il medico pediatra Giulio Casalini, torinese di nascita ma biellese di elezione, inizia la storia più significativa della Villa del Chiaramello.
Purtroppo alcuni ricordi di viaggio , manoscritti e documenti familiari sono andati distrutti o trafugati nel tempo.
Ines snoda la sua vita tra Torino, le cure termali e la tenuta del Chiaramello: una vita torinese esclusiva, fitta di relazioni sociali ed una vita ritirata, meditativa nella dimora clavesanese.
La nobildonna e la villa del Chiaramello sono il rifugio, il ritorno al nido di Giulio Casalini, uomo tanto illustre quanto umile, che intese la vita come servizio al prossimo e che sfibrò la sua salute in faticosi viaggi tra Torino, Roma, Bruxelles, Londra e Vienna.